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Il mio Licony trail e di come (forse) mi è passata la paura…

Avevo già corso il Licony Trail corto (25 km – 1650 D+) nel 2014 e ne avevo un ricordo bellissimo: accoglienza stupenda, percorso mozzafiato, birra a fiumi!

E quando quest’anno quasi tutte le mie amiche hanno deciso di tornare non mi sono fatta scappare l’occasione.

E così mi sono preparata alla mia trasferta da quindicenne (in macchina con le amiche, tutte a dormire insieme, quelle cose lì) soprattutto con l’idea di staccare dalla quotidianità e respirare un po’ di montagna.

Come ho già avuto modo di dire, se vi siete fatti l’idea che su strada in qualche modo come podista me la cavo, come trail runner sono un disastro…

Tutto sommato in salita se mi prende bene salgo determinata. Ma dove c’è una salita, c’è una discesa… e io di fronte alle discese in montagna di solito mi paralizzo e invece di buttarmi, come bisognerebbe fare, anche perchè è sempre meglio che l’appoggio sullo sterrato, soprattutto se ripido, sia il più breve possibile, mi trattengo per paura di cadere.

E ho sempre avuto timore di affrontare i percorsi trail da sola, spaventata all’idea di trovarmi di fronte a passaggi impossibili da superare o magari a vagare da sola tra i boschi.

E anche questa volta ero partita con l’idea di seguire una coppia di amici e fare tutta la gara con loro.

E invece.

Invece sono andata al mio ritmo e ho lasciato che gli altri andassero al loro. E tutta la salita, piuttosto dura ma davvero stupenda, è volata via senza problemi. L’ho affrontata con calma, senza spingere troppo e cercando di godermi il più possibile il paesaggio della Val D’Aosta con le sue montagne che sembrano venirti addosso.

E poi è cominciata la discesa, e finalmente ho lasciato andare le gambe e ho iniziato a correre! Una corsa bella, gioiosa e liberatoria!

Quando corro su strada, sia in allenamento che in gara, la testa è sempre rivolta alla prestazione. E non penso a nulla, faccio solo conti: proiezioni del tempo di arrivo, minuti al chilometro, poi divido i minuti per i secondi e così via. Per tutto il tempo. Un modo per evadere anche questo. Forse l’unico momento in cui riesco davvero a liberare la testa dagli altri pensieri.

Ma in montagna è diverso. Ieri ho corso senza orologio, senza pensare al tempo o ai chilometri e tanto meno alla prestazione. Ma stavo andando bene. Lo percepivo che stavo andando meglio del solito.

Qualcosa nella testa era cambiato, non avevo avuto paura e il percorso passava veloce e senza intoppi.

E a un certo punto ho incrociato un volontario che mi ha annunciato che era quasi finita, che mancavano solo 2 km all’arrivo.

E già stavo pensando a cosa avrei scritto sul blog, che avrei chiuso la gara meglio di 2 anni prima, che non ero nemmeno troppo stanca ed ecco che all’improvviso sono inciampata e caduta! Una caduta pazzesca, volata giù dritta a pelle di leopardo, come si dice, per rigirarmi poi di schiena passando per la spalla sinistra. E in quella frazione di secondo in cui mi sono resa conto che stavo volando e non potevo far nulla per evitare di sfracellarmi a terra già immaginavo scenari tragici di fratture, slogature e stampelle (che di infortuni e stampelle io ne so qualcosa).

Per fortuna invece non mi sono fatta quasi nulla, solo qualche escoriazione e un po’ male alla mano.

Ma come me la sono meritata quella caduta!

Perché la montagna è così, non perdona. Che non è mai finita finchè non è finita e non bisogna mai distrarsi né sottovalutare la stanchezza.

Lo sapevo, ma per un momento l’ho dimenticato.

Non ho fatto in tempo a passare dal traguardo che subito mi hanno messo in mano la favolosa medaglia da finisher: una pinta da riempire ad libitum di birra!

Molti complimenti all’organizzazione anche quest’anno.

Il pacco gara comprendeva un buono pasto sia per la cena del venerdì che per il pranzo post gara e in entrambi i casi c’erano ben due scelte vegetariane di cui una pasta condita con sole verdure adatta anche ai vegani. Docce calde, birra a fiumi, molti premi ad estrazione per tutti. E, non ultimo, percorso ben segnalato.

Anche il clima ci è stato amico: scongiurati i temporali che tanto avevamo temuto fino all’ultimo, faceva in realtà piuttosto caldo. Un po’ di pioggia rinfrescante durante la salita, aria gelida una volta in cima, un po’ di neve per terra in alcuni tratti e tanto sole per tutta la discesa.

Una gara che non delude mai il Licony trail e che spero di tornare a rifare.

E niente, proprio adesso che per noi “ragazze” è arrivato il momento di togliere le calze, mi ritrovo con le gambe piene di lividi e di graffi. Ma a me piacciono lo stesso e, anzi, spero che non se vadano tanto presto, che a guardarle oggi mi fanno sentire un pochino più orgogliosa di me di quanto fossi ieri…

Finalmente mi sono arrampicata e sono scesa di corsa senza amici a guardarmi il passo o fidanzati a tenermi la mano.

Coi miei tempi, ma ognuno ha i suoi.

Che noi le gare mica dobbiamo vincerle. La gara è solo con noi stessi e io ieri ho vinto.

#RunVeg

*Grazie a Cinzia Mattarozzi per la foto di copertina.

Licony pre gara

io e franz licony

licony copertina

 

 

 

Licony torrente

Foto di Cinzia Mattarozzi.

Licony paessaggio def

Foto di Cinzia Mattarozzi.

Licony arrivo

 

 licony boccale

Licony pranzo

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