Se devo essere sincera non avevo nessuna voglia di scrivere questo pezzo.
Mi sono preparata tanto per questa maratona, lo sapete, ho condiviso tutto con voi, e la delusione brucia.
Speravo di poter annunciare finalmente il mio personal best sulla distanza regina, che inseguo da un anno.
Ma niente. Le cose non vanno sempre come vuoi tu. E se la maratona, come si dice, è la metafora della vita, questa è una lezione che io non ho ancora imparato.
Mi preparo meticolosamente e con disciplina perchè non mi concedo di sbagliare e ho bisogno di avere sempre tutto sotto controllo.
Ma non si può, non sempre almeno, nella maratona come nella vita.
Dal 2011 ad oggi ho portato a termine 7 maratone: Venezia, Roma, Milano, Firenze, Padova, Pisa e di nuovo Milano.
Tutte corse bene e con buone sensazioni.
Tutte, tranne Milano, tutte e due le volte, nel 2013 e nel 2016.
In entrambi i casi sono stata vittima di quella che ho chiamato la maledizione del 28esimo chilomtero.
Eh sì, perchè la cosa incredibile è che tutte e due le volte la crisi è arrivata, inaspettata e troppo presto, proprio al 28esimo chilometro!
Una crisi che mi ha costretta inizialmente a rallentare per poi fermarmi e camminare, poi di nuovo corricchiare, fino al traguardo.
In entrambi i casi finisher, ma 2 medaglie portate a casa davvero a denti stretti…
Insomma, quella con Milano, la mia città che tanto amo, sembra proprio essere la storia di un amore non corrisposto.
Perchè quindi iscriversi anche quest’anno alla Milano Marathon?
Chi mi conosce sa che io ho l’attitudine a scappare quando le cose vanno male.
Prendo, resetto tutto e ricomincio da zero. Di solito con risultati molto felici. Sembro persino coraggiosa.
In effetti un po’ di coraggio iniziale ci vuole, ma siamo sicuri che non affrontare le situazioni o le relazioni che ci creano difficoltà o che non vanno esattamente come piace a noi sia coraggioso?
Io dico di no.
La mia sfida dell’ultimo anno è stata quella di cambiare questa mia tendenza.
Sto cercando di accettare che non posso avere il controllo totale su tutto, che le cose non vanno sempre come avevo previsto e che le difficoltà fanno parte della vita e delle relazioni.
Ma come dicevo sopra non sono a buon punto.
Ma correre questa Milano Marathon è stato un altro passo nella direzione in cui ho scelto di andare.
E nonostante anche questa volta sono finisher senza pb, sento di essermi in parte riconciliata con la maratona della mia città, che pure proprio non ne vuol sapere di darmi soddisfazione.
Una Milano Marathon quest’anno super partecipata, più di 6.000 maratoneti sulla linea di partenza, con un percorso modificato ancora più veloce: il keniota Edwin Koech ha tagliato il traguardo in 2h07’13”, nuovo record della maratona di Milano e suo personal best.
Per me le premesse per fare una buona gara non erano molte.
Durante l’ultimo lunghissimo si era manifestato un dolore forte e persistente al piriforme e al bicipite femorale che poi col passare dei giorni, nonostante lo scarico, si è intensificato.
Come se non bastasse da sabato avevo un mal di testa e un mal di pancia di quelli che vengono solo a noi runners girl, che non sono invalidanti, certo, si può fare il pb lo stesso e chissà quante di voi lo avranno fatto, ma diciamo che sarebbe stato meglio non averli.
Soprattutto perchè mi sono ritrovata la mattina della gara con una accombinescion (come piace dire a me) di dolori che ve lo spiego…
E niente. Ho deciso di anestetizzare tutto con un antidolorifico.
Si potrebbe partire qui per capire che non poteva andare bene.
Ogni sintomo è un messaggio che il corpo manda ad una mente che si rifiuta di comprendere.
E solo comprendendo il suo significato profondo è possibile eliminare la vera causa del nostro disagio e guarire il corpo.
Inutile e dannoso anestetizzarlo con gli antidolorifici.
Di fatto però i dolori si sono placati per quasi tutta la gara, anche se la gamba sinistra era un po’ rigida e ho tenuto il ritmo prescelto fino alla mezza.
Ma non in scioltezza come mi sarei aspettata. Al 24esimo avevo già voglia di fermarmi e al 30esimo non ne avevo praticamente più.
(Il maledetto trentesimo chilometro, o del come portarsi sfortuna da soli 😉 )
Il tanto temuto muro d’acqua con tuoni e fulmini non c’è stato, siamo partiti con un cielo plumbeo ma asciutto e l’aria fresca, ma gli ultimi chilometri sono stati davvero caldi e li ho patiti parecchio.
A differenza delle due passate edizioni questa volta però ho reagito alla crisi, non mi volevo fermare, e ho proseguito, pur vedendo il mio crono segnare ritmi al chilometro sempre più bassi.
Ci ho messo tutta la mia determinazione per finire la gara, per non cedere allo sconforto, con la coscienza che quando si ricercano prestazioni di un certo livello (ognuno le sue) si può anche fallire…!
E mentre il mio obiettivo chilometro dopo chilometro diventava sempre più lontano pensavo ai miei compagni sperando che loro almeno avessero conquistato i loro obiettivi, cercavo gli amici tra gli spettatori, davo il 5 ai bambini, ogni tanto mi ricordavo di sorridere.
Davanti a me, in spolvero, sorridente e per nulla affaticato, Folco Terzani, che ha corso tutta la maratona a piedi nudi! Chiacchierava come se niente fosse con i pacer delle 3h30′, poi si è involato e l’ho rivisto dopo in metropolitana, questa volta con le scarpe!
(Folco Terzani)
E intanto pensavo che le mie 2 migliori maratone non erano state programmate ma corse sull’onda dell’entusiasmo di 2 pb conseguiti in mezza maratona. Avevo infilato 2 lunghi, e nemmeno lunghissimi, e via, 2 volte sotto le 3h30 (Padova 2014 e Pisa 2015).
Quando invece focalizzo l’obiettivo sulla maratona non finalizzo mai. Carico di lavoro eccessivo o ansia da prestazione?! Su questo dovrò riflettere.
Ho passato la finish line dei Bastioni di Porta Venezia lenta, lentissima e affaticata, ma con la sensazione che sarei potuta andare avanti ancora, che quei 42 chilometri non erano stati poi così lunghi, quasi chiedendomi “ma è già finita?”
E appena tagliato il traguardo, immediato e a tradimento il pianto liberatorio, quello che lava via un po’ di fatica e scioglie la tensione, praticamente tra le braccia di Anna e Andrea di RCS che erano lì, come se mi stessero aspettando.
E loro sono i primi che voglio ringraziare per aver creduto in me, per avermi iscritta alla maratona e per aver voluto condividere la mia storia pensando che potesse essere un esempio positivo per le ragazze del Run4me di Lierac.
Ringrazio anche il mio coach Alessandro per la pazienza e per la motivazione che ci sa dare e un grazie anche Gianluca degli Urban Runners che mi ha procurato i gel che mi mancavano e mi ha fatto fare un utilissimo massaggio il sabato pre gara.
E poi ringrazio tutti voi che mi seguite. Sono sinceramente colpita dall’affetto e dalla partecipazione che mi state dimostrando.
Citando Francesca: è davvero potente la condivisione di esperienze e consigli, anche quando non ci si conosce di persona.
Sapere di aver motivato, incoraggiato o aiutato anche solo uno di voi per me è già la più grande vittoria.
E infine ringrazio i miei 2 compagni di allenamenti, Stefano e Alessandro, i miei indomiti e valorosi guerrieri del seitan.
Ale oggi ha conquistato il suo personale anche grazie a Stefano che, visto sfumare il suo obiettivo come me, ha sacrificato i suoi ultimi chilometri per accompagnare e ‘tirare’ al traguardo il suo amico.
Una maratona costa almeno 3 mesi di sacrifici e quando buchi l’obiettivo ti sembra di aver ‘buttato via’ tutto ma non è così. E questo gesto lo dimostra.
‘Non c’è cosa che non venga resa più semplice attraverso la costanza e l’allenamento. Attraverso l’allenamento noi possiamo cambiare; noi possiamo trasformare noi stessi.’
Penso a queste parole del Dalai Lama. E so che gli ultimi 3 mesi non sono stati buttati.
La delusione passerà ma tutto quello che ho imparato rimane.
Come mi ha detto il coach: chiudere in un tempo che non è quello desiderato ma che è senz’altro “più che decoroso”, come le mie 3 ore e 38 minuti finali, immediatamente fa male, ma poi nei ricordi diventa prezioso.
E io oggi mi sento diversa da ieri.
Domattina corsetta defaticante e la Milano Marathon 2017 sarà ufficialmente archiviata.
E il viaggio continua.
#MilanoMarathon2017 #Run4meLierac
Medagliata e felice.
Il mio ristoro post gara, tanta frutta fresca e focaccine 🙂
Come sempre a cena zuppa di miso, per rimettere a posto stomaco e intestino provati dallo sforzo intenso e prolungato.
La crostata pregara. La ricetta qui e qui
Il defaticante del lunedì mattina.
Sono Michela, ma per tutti sono La Michi.
Vegetariana della prima ora, oggi felicemente vegana, maratoneta per passione e cuoca per diletto, mi interesso da anni all’approfondimento di temi legati all’alimentazione, allo sport e al benessere.
Diplomata Guida alla terapia alimentare alla Sana Gola di Milano e presso l’Accademia Italiana Fitness in Nutrizione per lo sport, tengo corsi di cucina macrobiotica vegana e consulenze personalizzate.