articoli vari corsa eventi prima pagina

La mia prima Monza Resegone

Nella MONZA – RESEGONE c’è tutto: la maratona, la strada, la montagna, la fatica, la festa, l’incognita di qualcosa che non hai mai fatto prima.

La Monza Resegone è  anche una gara molto famosa.

Una di quelle gare che la conoscono un po’ tutti, non solo i runner e gli appassionati.

Non saprei dire perchè ma da quando ho iniziato a correre è sempre stato un mio sogno.

L’impresa che un giorno avrei compiuto.

E finalmente quest’anno ci sono riuscita.

Fuori tempo massimo e contro ogni pronostico ma siamo salite, tutte e 3, sul Resegone fino alla Capanna Monza.

Prima di ogni cosa vorrei ringraziare le mie compagne, Simona e Sofia e soprattutto Laura, che a soli 2 giorni dalla partenza ha completato la nostra terna.

20170619_163455

Senza di lei non saremmo nemmeno partite.

Sì, perchè giovedì Sofia ci ha comunicato che a causa di un grave infortunio era costretta a rinunciare alla gara.

Come trovare una sostituta che si prestasse a partire per un avventura del genere con soli 2 giorni di preavviso?

Lo ammetto. Dentro me ho sperato per un attimo che la sostituta non si trovasse.

Dopo la Milano Marathon non mi sono più ripresa.

Il mio ormai famoso problema allo sciatico e al piriforme migliora ma non passa del tutto, ho un dolore al tendine di Achille che va e viene e soprattutto voglia di correre poca, allenamenti pochi e disastrosi.

L’idea di affrontare una gara del genere in queste condizioni mi angosciava.

Ma non me la sentivo di abbandonare la squadra e venire meno alla parola data.

Nel mio caso si trattava di brutte sensazioni e non di un infortunio invalidante come nel caso di Sofia.

Comunque, il destino aveva altri piani per me e li ha realizzati grazie a Laura!

Ho conosciuto Laura diversi anni fa, grazie alla nostra passione comune per la corsa e grazie a Fabrizio Cosi e ai Podisti da Marte che hanno reso possibili tante amicizie.

Anche lei una scricciolina come me e Simona ma con un coraggio che a volte solo le donne sanno avere!

E così, senza quasi avere il tempo di rendersene conto era già sabato, e alle 19.30 ci siamo finalmente trovate tutte e 3 alla partenza, all’Arengario di Monza.

La Monza Resegone è una gara molto difficile ancora prima di correrla. L’organizzazione logistica richiede un certo impegno.

Quando ho deciso di iscrivermi la conoscevo solo per la sua fama, ma ignoravo quasi completamente ogni dettaglio.

Ci vogliono le scarpe da corsa o le scarpe da trail? quanto ci vuole a salire fino in cima? ma si corre col buio? ma come si fa a scendere? c’è l’elicottero che ti porta giù?! ma esattamente, quanto è lungo il percorso?!

Io a tutte queste domande non sapevo rispondere quando mi sono iscritta e quasi quasi nemmeno prima di partire.

La gara ha un percorso di 42 km. Di fatto una maratona.

Una maratona con 1000 mt di dislivello positivo che si sviluppa tutto negli ultimi 10 km: 3 km di tornanti e poi su per i sentieri.

Una gara che parte su strada ma che diventa negli ultimi 7 km un vero e proprio trail.

La corsa parte dall’arengario di Monza (162 m s.l.m.), nel centro della città, per proseguire attraverso i comuni di Villasanta, Arcore, Usmate Velate, Carnate, Osnago, Cernusco Lombardone, Merate, Calco, Airuno, Olginate e, attraversato il fiume Adda, Calolziocorte.

Quindi prosegue lungo i tornanti per Rossino ed Erve dove termina la strada e comincia lo sterrato.

Ad Erve, al 36esimo km, è fissato un ‘cancello temporale’ da raggiungere in 4h e 15 minuti.

Da qui si prosegue lungo il ripidissimo sentiero denominato in dialetto brianzolo “Pra di ratt” giungendo alla bocchetta del “forcellino”.

Poi il sentiero attenua il dislivello e in pochi minuti si raggiunge il traguardo, la Capanna Alpinisti Monzesi (1.220 m s.l.m.) sul Resegone.

profilo-corretto

La partenza è davvero suggestiva.

Le squadre partono scaglionate, una alla volta.

Salgono sul palco allestito all’Arengario e dopo la presentazione si lanciano di corsa in un bagno di folla in festa!

Prima le squadre tutte femminili, poi quelle miste, infine quelle maschili.

Noi, col pettorale n. 15, siamo partite per prime, intorno alle 21.10.

MONZARESEGONE START

Fa caldo, ma io non lo patisco molto.

Il percorso è un drittone infinito e fin da subito mi rendo conto che questa gara è diversa dalle altre.

Me lo avevano detto, ma non mi ero resa conto.

Il tifo che ti accompagna lungo tutto il percorso è incredibile.

Gente lungo le transenne nei centri storici dei paesi, ragazzi che aspettano i podisti fuori dai pub, bambini con acqua e banchetti di anguria fresca, persino signore anziane appostate con la seggiola lungo la statale fino all’una di notte e oltre.

A Merate sembra di essere a New York.

Sembra che tutto il mondo compreso in quel tratto di 36 km si sia fermato per godersi lo spettacolo e si sia messo al servizio dei podisti.

Io di gare ne ho corse tante, dal 2010 ad oggi, e un’atmosfera di festa, solidarietà e partecipazione come questa non l’avevo mai provata.

Forse solo quando ho assistito Stefano, il mio compagno, alla 100 km del Passatore (che il matto è lui, mica io), da Firenze a Faenza.

I km passano veloci, l’atmosfera è davvero piacevole, si chiacchiera con gli altri podisti, con chi assiste le squadre in bici, ci fermiamo con calma a ogni ristoro, Stefano e Marco, il compagno di Simona, si fanno trovare al decimo e al diciottesimo km per incoraggiarci. Che bello vederli!

Inizialmente con Simona e Sofia avevamo deciso di correre la parte su asfalto a 5’30 circa di media al km per stare dentro al cancello di Erve ma senza stancarci troppo.

Laura però, che non si era preparata per correre questa gara, dal momento che non pensava di farla (!), non è in grado di sostenere questo ritmo, e la nostra velocità di crociera è decisamente più bassa.

E in questo gap proviamo davvero cosa vuol dire lo spirito di squadra.

Questa gara si corre in 3 che vuol dire che non bisogna mai essere distanti più di 3 mt, pena la squalifica, che bisogna cercare di trovare il giusto passo per tutte e 3, che se una è in difficoltà le altre devono assisterla, e che se una molla la gara è finita per tutte.

Il passo quindi deve essere lo stesso, per tutte e 3.

Io e Simona abbiamo lasciato che a stabile il ritmo Laura  fosse Laura.

Che ce l’ha messa davvero tutta, dimostrando un coraggio e una tenacia che mi ha lasciata davvero ammirata. Altro che tutte le mie paturnie e patemi pre partenza.

Può sembrare assurdo ma correre troppo lentamente rispetto al proprio ritmo può essere davvero faticoso.

Per i primi chilometri tutto sommato ho retto bene e l’andatura così rilassata mi ha permesso di godermi davvero tutto, senza ansia da prestazione e senza quella concentrazione che, se a volte mi ripaga in termini di prestazione, spesso mi fa perdere dettagli, particolari, paesaggi.

Che ieri notte invece mi sono gustata senza perdermi nulla.

Ma dal 25esimo in poi, quando abbiamo cominciato ad alternare tratti di corsa a tratti di camminata, i muscoli hanno cominciato a chiedere il conto. A ogni sosta e ripartenza sentivo un formicolio e una rigidità che mi hanno fatto temere i crampi.

Passata Calolzio Corte cominciano i tornanti e lì abbiamo finito di correre.

Camminando abbiamo raggiunto il cancello di Erve con 30 minuti di ritardo sul tempo massimo consentito.

Ma quando arrivi fino lì del tempo non te ne importa. Vuoi solo salire.

il tempo è la realtà dei babbani
noi viviamo di sogni

Mi ha scritto ieri il Bramby, un maestro per molti di noi, un filosofo della montagna, che ha tenuto a battesimo tanti ‘bogia’ come me nei loro primi trail.

Era implicito per tutte e 3 che saremmo salite. Lo dovevamo a Sofia e soprattutto a noi stesse.

E non siamo le uniche a pensarla così. Alcuni salgono in 2, che il terzo compagno se lo sono perso per strada, una ragazza decide addirittura di salire da sola .

Ora io mi chiedo. Ci sono diversi trail in montagna con dei cancelli temporali a metà percorso. Ma se non arrivi in tempo ti fanno consegnare il pettorale e ti impediscono di salire, per questioni di sicurezza.

Giusto o sbagliato non so, ma è il regolamento.

Ma se invece qui ti lasciano comunque salire che senso ha questo cancello intermedio?

A Erve ci aspettavano i ragazzi con il cambio: scarpe da trail al posto di quelle da corsa, maglietta termica sotto la canotta, lampada frontale e via, su per il famoso Pra de Ratt.

Ci aspettano un dislivello importante e un probabile cambio di temperatura da affrontare con 36 km nelle gambe.  E sono quasi le 2 di notte.

Cominciamo a salire.

Il sentiero è impervio sì, bisogna aiutarsi con le mani, in qualche tratto si procede proprio carponi, ma comodo, ci sono sempre appigli cui aggrapparsi e in fondo non mi sembra poi così ripido.

Sarà che col cambio di movimento le gambe si sciolgono, sarà che ho affrontato l’asfalto a un ritmo non impegnativo, ma la salita non mi crea alcun problema.

Ne ho affrontate di molto più dure in montagna.

Era quello il sentiero, il famigerato sentiero ripidissimo da affrontare al buio, di notte, a mani nude, che mi faceva così tanta paura?!

Questa notte, mentre mi arrampicavo, ho capito che la paura è il nostro nemico più grande.

Io per quella paura lì in alcuni momenti ho veramente desiderato di non partire. E cosa mi sarei persa!

E le credenze che gli altri ci mettono nella testa.

Essere vegan. Essere donna.

Ma i limiti sono solo nella nostra testa. E la vita è troppo breve per rimandare. E’ meglio viverla.

Siamo quasi arrivate. Io mi sento benissimo. Sono stata bene sempre durante la gara. Mai avuto troppo caldo, troppo freddo, nessun dolore di stomaco o di pancia.

Mi sono alimentata bene, abbigliamento e scarpe perfette.

Per la cronaca, ho scelto di correre la gara con le scarpe Kalenji di Decathlon.

Le KIPRUN TRAIL XT6 per il sentiero e le KIPRUN LD per la strada, che si sono confermate ottime come comfort, protezione e stabilità sul sentiero.

Laura invece accusa un po’ di stanchezza e ha problemi di stomaco. Ma ormai ci siamo e lei non perde nemmeno per un attimo la sua determinazione.

Io e Simona la trainiamo e la incitiamo.

Poi all’improvviso sentiamo le voci (che non sempre è una cosa buona!) e la vediamo.

E’ lei, è la capanna Monza.

Siamo arrivate. Ci prendiamo mano nella mano, una dietro l’altra l’altra, come nella famosa immagine simbolo della gara e tagliamo il traguardo.

L’impresa è compiuta. Siamo fuori tempo? Chissenefrega.

Noi là volevamo arrivare e ci siamo arrivate. Tutte e 3 insieme.

MONZA RESEGONE CAPANNA

Non ci sembra vero. Io mangio una crostatina chimica con un the caldo, che mi sembrano così buoni che nemmeno se fossi al Grand Hotel Sacher.

E meno male perchè il ristoro non offre molte altre alternative. Persino il famigerato panino con la salamella scopro che è pagamento. Cosa che, al di là della questione veg, mi sembra davvero assurdo.

L’iscrizione non costa poco e un panino all’arrivo io dico che ce lo saremmo meritato.

Comunque una volta su cerchiamo di non perdere troppo tempo. Ci cambiamo, scambiamo qualche saluto con gli amici e i podisti incontrati lungo il percorso e poi via di nuovo.

Eh sì, perchè non c’è un elicottero che ti riporta a valle.

Devi tornare giù con le tue gambe.

Altri 5/6 km, non so quanti sono, da percorrere a piedi, questa volta in discesa.

Io non ve la so spiegare la bellezza dell’alba che abbiamo visto spuntare lungo il sentiero che ci portava a valle… quando siamo arrivate giù ormai era giorno.

Abbiamo ritrovato i ragazzi che con tanta tanta pazienza, e anche con l’aiuto di qualche birra, hanno atteso il nostro arrivo fino al mattino.

Un enorme grazie va a loro, per tutto il sostegno che ci hanno dato, agli alpini, che ci aspettavano con il caffè caldo lungo il sentiero di ritorno a Erve, agli abitanti della Brianza per il loro calore e il loro entusiasmo, a Marco Frattini e CiaoRunner, e un po’ anche a me stessa per non aver ceduto alle mie paure.

Noi podisti facciamo sempre molta retorica intorno alle nostre imprese.

Ogni volta sembra che abbiamo scalato l’Everest e ammorbiamo tutti con racconti interminabili e dettagliatissimi della nostra gara, km per km, come questo.

Perdonateci, è la nostra passione e spesso costa molto sacrificio 😉

Ma è vero che ci sono gare speciali, diverse dalle altre. E La MoRe è una di queste.

Quando scendi dal Resegone senti che qualcosa è cambiato, che non sei esattamente lo stesso di prima.

L’esperienza più bella della mia vita di podista.

Per questo il mio ultimo grazie va alla corsa, questa passione che mi permette di fare sempre esperienze nuove e mi da sempre nuove occasioni di crescita.

Che poi, avevo giurato che dopo la MoRe avrei smesso di correre fino a settembre e invece… un nuovo pensiero già mi frulla per la testa 😉

Stay tuned!

MONZA RESEGONE IO SIMO

MONZA RESEGONE IO LAURA

MONZA RESEGONE ALIMENTAZIONE

PRE GARA

A COLAZIONE: avena germogliata con uva passa noci banana e proteine della canapa. A PRANZO: riso integrale, insalata di cavolo rosso con acidulato di umeboshi e tofu strapazzato. E per chiudere un caffè con un biscotto di farro ai mirtilli.

MONZA RESEGONE GELATO

POST GARA 😉

MONZA RESEGONE KIPRUN

Le mie KIPRUN LD

20170619_164757

 

 

You Might Also Like

Run Veg il Libro

Forza Energia. Resistenza fisica e mentale. Alimentazione vegan e macro per runner e sportivi.
ACQUISTA ONLINE
Il Primo Libro della Michi :-)
close-link
Click Me